Un conte della Pusteria aveva preso in moglie una bellissima donna. I due giovani avrebbero potuto esser la più felice coppia del mondo, se il marito non avesse una gelosia morbosa. La condusse in una valle remota delle Dolomiti per chiuderla in una torre costruita su un'altra roccia. Lui spesso andava via e la lasciava in custodia a una nutrice che la odiava. Un giorno egli partì per la Germania, dicendo che andava a cercare l'arco d'ègues, la migliore delle armi sulla terra. La ragazza chiusa in camera si sedette accanto alla finestra. Passò di lì un venditore veneziano. Rifiutò di veder gioielli e stoffe, ma chiese se avesse mai sentito parlare di questo "arco d'ègues". -non solo ne ho sentito parlare, conosco un minatore del Latemàr che può procurarle l'arma!- le rispose, al che la donna promise una generosa ricompensa se glielo avesse fatto avere, poi si ritrasse in stanza. In camera era però arrivata la nutrice che disse sogghignando -bene, la signora fa conversazione con uomini forestieri! lo dirò al signor conte!- Come l'uomo venne a saperlo perse il lume della ragione e precipitò la moglie nel burrone, tornando ancor fremente di rabbia e dolore. Trovò ad aspettarlo il veneziano, che veniva a portare l'arco -chi vi ha detto che io volessi quest'arma?- chiese perplesso. Dal racconto che il veneziano gli fece capì l'enorme ingiustizia e corse al burrone per cercare almeno il corpo della donna, ma era sparito. Risalendo vide due uomini che cavalcavano verso Alleghe assieme a una donna vestita di bianco. Erano lontani per esser riconosciuti ma al conte venne un sospetto e si incamminò per la via. Chiedendo notizie seppe che andavano verso Zoldo, poi trovò una donna che disse che le sembravano stregoni e avevano la birta odlata (il malocchio), inoltre dovevano aver stregato la giovane, perche teneva il capo chino e non diceva parola...descrisse la ragazza e il conte non ebbe dubbi, era la moglie. Comprò un cavallo e andò al loro inseguimento. Passò il paese dei Peleghètes, poi quello dei Duranni, ma nella pianura veneta perse le loro tracce. Proseguì le ricerce vendendo ogni suo anello e stoffa pregiata, fino a ridursi all'elemosina. Passato un anno tornò indietro, fermandosi a far il pastore per poter mangiare qualcosa. Il contadino gli disse però di non andar nel bosco della Ciada Delàmis perchè infestato da stregoni e fantasmi. Quando il conte finì il lavoro con le pecore però volle provare ad andare. Camminò 2 ore fino a una casa dove lavorava un falegname. Gli fece domande ma non gli rispose e nemmeno lo degnò di uno sguardo. Sarà sordomuto! pensò, così entrò in casa dove, tra mille libri, c'era il padrone di casa a cui chiese un lavoro. L'uomo lo guardò poco rassicurante, ma acconsentì. -ho un orso e un cavallo a cui dovrai tener cura. L'orso è feroce, tanto che è legato a una robusta catena. Il cavallo non vuol bere, ma gli porterai acqua fresca ogni giorno finchè non ti farai ubbidire- Quasi subito capì di vivere tra stegonerie. Di giorno c'era silenzio di tomba, interrotto solo dal martello del falegname, di notte la casa si riempiva di fruscii, sussurri e rumori strani, come se mille animaletti corressero e volassero per ogni angolo della casa, mentre l'orso dava strattoni alla catena da far tremare i muri. Un giorno il padrone dovette partire e diede le chiavi al conte, mostrandogliene una in particolare e dicendo -se non vuoi morire, non entrare nella stanza che si apre con questa chiave- e se ne andò. Egli ne approfittò per capire i segreti di casa. Al tramonto della prima sera notò che tutte le schegge del falegname diventavano topi che entravano in casa, così il giorno dopo le raccolse e le bruciò. Il falegname prese finalmente a parlare, ringraziando di averlo liberato dall'incantesimo e raccontando dei maltrattamenti dei due stregoni della casa. Narrò che un anno prima avevano anche rapito una donna, ma il più giovane dei due la voleva per se e tentò di indurla a fuggire con lui. L'anziano se ne accorse e lo trasformò nell'orso. La dama lo respinse però con sdegno, così fece entrare l'anima di lei nel cavallo, poi versò nell'acqua della fontana una sostanza che, se avesse bevuto, l'avrebbe fatta capitolare. Udito il racconto il conte prese l'acqua da casa e fece bere finalmente il cavallo, poi pianse abbracciandolo, chiedendo perdono e giurando di liberare la moglie. Cercò tra i libri ma erano tutti indecifrabili, solo una frase comprese: "i sassi rompono l'incanto", ma non gli riuscì di capire come. Infine provò a entrare nella stanza vietata. V'era solo un tavolo con un sacco di noci, una spada, uno specchio piccolo e nero, uno piu grande e verde e alcuni gusci d'uovo. Ruppe un guscio e sentì gran fragore, poi la voce della moglie che lo chiamava -la mia anima liberata è sulla criniera del cavallo, ma senza corpo! prendi dalla stanza proibita la spada, il sacco di noci e gli specchi e fuggiamo a cavallo. L'orso ha spezzato la catena e sta per sfondare la porta, mentre lo stregone sta tornando, lo sento! fa presto!- Il conte non perse tempo e fuggì, ma presto si avvide di esser inseguito dallo stregone a dorso dell'orso, che guadagnava terreno. La voce della donna allora gli disse di gettare una noce dietro di sè: si aprì un fosso che ritardò i due e l'operazione venne ripetuta molte volte, inchè si ritrovarono in una valle deserta, ma ancora li inseguivano. Gettò allora lo specchio nero e si creò un lago, ma l'orso lo attraversò a nuoto veloce, mentre il cavallo avanzava piano perchè stremato, allora gettò come ultima risorsa lo specchio verde. L'intera valle dietro loro si fece d'acqua, ritardarono gli inseguitori, ma non li fermarono e li raggiunsero al Pian da Lus. Il conte prese la spada e combattè con lo stregone, ma essa rimbalzava senza ferirlo, come se la pelle del'uomo fosse di corazza, allora tentò di strozzarlo, ma non era abbastanza forte... L'orso intanto inseguiva il cavallo che girava attorno al sasso al centro della piana...ad un tratto un urlo. Il cavallo era stato raggiunto! In quel disperato momento ricordò l'unica frase dei libri che aveva compreso, prese un sasso e schiacciò la testa dello stregone, riprese la spada e con un sol colpo uccise l'orso. Come svegliandosi dall'incubo si rese conto di aver vinto su entrambi gli stregoni, mentre la moglie tornava a lui, bella come era sempre stata. In due giorni furono a casa ad Andràz, egli voleva punire duramente la nutrice ma la moglie dal cuore tenero fece in modo che venisse solo cacciata. La vecchia strega andò ad abiare un'acuta punta rocciosa sopra Falzàrego che ancor oggi si chiama "Sass de Stria" (sasso della strega), mentre gli sposi lasciarono la torre e tornarono in Pusteria, dove vissero felici a lungo.
NOTE - Il racconto della stanza proibita e della fuga interrotta è frequente in molte leggende di popoli europei. Qui gli episodi delle buche e dei laghi potrebbero riferirsi al bosco del Cansiglio e ai vicini Lago Morto e Lago di Santa Croce. Sull'altipiano del Cansiglio v'e' un gran numero di buche chiamate Lame e, in friulano, Lamis. La parola ciàda si conserva nel dialetto di Fassa ed indica un bosco di grandi alberi. La "Ciàda Delàmis" sarebbe quindi "il bosco delle buche", quindi si sarebbero conservate due parole preistoriche nel nome mitologico del Bosco del Cansiglio. Da notare inoltre che il lago di Santa Croce è centro di terremoti, quindi favorevole alla localizzazione di racconti fantastici.
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