mercoledì, settembre 27, 2006

- Leggende delle dolomiti 16 - La regina dei Cròderes

Andando da Cortina d'Ampezzo al lago di Misurina, passando per il giogo delle Tre Croci, si ha davanti una catena di montagne severe, dalle vette rigonfie di neve e ghiaccio, che hanno nome Marmaròle. Ai piedi della catena, tra Auronzo e Misurina, c'è l Argentiera, una miniera un tempo ricchissima e oggi impoverita. I minatori raccontavano che sulle cime abitavano i Crodères, i figli delle rocce. Essi erano uguali agli uomini, ma non provavano alcuna gioia ne dolore, erano indifferenti a tutto perchè il loro cuore era di pietra. Su loro regnava una donna, Tanna, vestita di abito scuro e con un diadema azzurro in testa, su un trono in una sala semibuia di un palazzo di ghiaccio, tra due casse lavorate in oro. L'avevano vista perchè un giorno all'anno nel regno c'e' un "giorno di calma". Un giorno in cui la montagna è come morta: non si muovono foglie, non rotolano sassi, i Crodères dormono e i loro rifugi sono aperti e i minatori ne approfittano per prendergli oro e argento.
Fin da piccola Tanna era stata incoronata col diadema, ma i Crodères se ne erano pentiti perchè aveva un cuore umano e ascoltava le richieste degli uomini usando il suo enorme potere per aiutarli. Proibì ai sassi di rotolare, ai torrenti di scorrere con irruenza, al posto di ripidi sentieri fece crescere dolci pascoli e vietò alla neve di cadere in valanghe. I Crodères erano indispettiti perchè il loro regno veniva invaso da uomini, ma il risultato era che Tanna si allontanava sempre più dal suo serio e freddo popolo. Sette anni erano passati quando il Vento delle Tempeste la vide e si innamorò. Venne a sapere dai Crodères della sua storia e pensò che non potesse continuare a stare tra gli uomini. Ogni giornò soffiò sui prati, sradicando case e alberi, finchè non la incontrò -Nobile regina, sei la signora delle montagne e io dei venti, uniamoci e la nostra potenza sarà immensa! Vieni nel mio regno di luce e il mondo si stenderà ai tuoi piedi!- Ma Tanna non solo rifiutò, ma lo pregò di non tornar troppo spesso perchè guastava le capanne! Il Vento non voleva credere che rifiutasse davvero e per altre due volte tornò, ma dovette andarsene senza sposa mentre gli uomini, che avevano capito l'accaduto, stavano alle finestre a burlarsi di lui.
Altri anni passarono finchè giunse ai Crodères la notizia: Tanna aveva concesso la sua mano al principe d'Aquileja, un uomo! Questa volta indissero assemblea dove intimarono a Tanna di mutare condotta, ma lei ricusò il giuramento. Fù chiamato allora per maledirla il più vecchio dei Crodères. Anch'egli aveva cuore umano, ma traboccante d'odio. Il popolo non aveva simpatia per lui, ma lo chiamavano in questi casi, perchè si sa che le maledizioni non sono efficaci se non escono da un cuore che odia. Il Vecchio arrivò sorretto da due guide e ascoltò le accuse, ma quando pose lo sguardo su Tanna il suo sguardo perse l'espressione cattiva. Tutti aspettavano che facesse i gesti per maledirla, senza dir parola come suo solito, ma egli parlò -Perchè riaprite le ferite dell'anima mia? ho dovuto vivere tanto tempo per vedere ancor una volta lo sguardo di colei che avea viso come aurora, capelli come luce del sole, occhi come cielo infinito?- Dallo sguardo stanco sembrava volesse raccontare una storia dolorosa di anni lontani, ma i Crodères insistevano per la maledizione -Esser regina dei Crodères...che le importa , ora? Deve deporre il diadema azzurro e vivere con gli uomini finchè il suo destino non sia compiuto. Poi tornerà tra le montagne e sarà la più degna tra le regine- detto questo il vecchio si appoggiò a una delle guide e si accorsero che era senza vita.

Tanna ebbe un bambino, Salvanèl, e con lui aspettava il ritorno dell'uomo che amava. Viveva sulle più alte vette per poter guardare fino al mare, in direzione di Aquileja, e con pazienza e fiducia infinita attendeva. Il figlio cresceva e le domandava del mondo, lei rispondeva che quando sarebbe tornato il padre gli avrebbe raccontato tutto, ma Salvanèl era stanco d'attendere e quando si fece grande partì. Ritrovò suo padre, ma egli non lo riconobbe, così il ragazzo offrì i suoi servigi al nemico. Quando vi fu battaglia il ragazzo venne gravemente ferito, tutti sapevano che era stato il padre a colpirlo ed ebbero pietà di lui. Marcòra, la figlia del duca, lo curò con amore e quando guarì chiese al padre di poterlo sposare, ma egli si adirò e la rinchiuse sulla torre. Salvanèl riuscì a liberarla e fuggì con lei verso le montagne abitate da Tanna.

La madre ogni giorno si sentiva più infelice e sola, ma non voleva pensare all'uomo che l'aveva tanto addolorata, ora sperava solo nel ritorno del figlio. Una sera le parve di sentire un lontano -mamma!- e subito guardò giù, era davvero suo figlio -Mamma! mostrami la strada che c'e' troppa neve e non riesco a trovarla! siamo inseguiti! salvaci!- Neppure lei conosceva la strada perchè erano troppi anni che non la percorreva, non era più regina e le montagne non la obbidivano più. Calava la notte, così ebbe qualche ora per correre dai Crodères a chiedere aiuto, sperando di poter far cadere delle valanghe sugli inseguitori. Li pregò in ginocchio, ma i loro cuori di pietra li lasciavano insensibili. Tornò l'alba e i nemici raggiunsero i due fuggiaschi: Salvanèl combattè con tutte le forze, fin quando non cadde in un crepaccio.

Tanna e Marcòra andarono ad abitare una povera capanna, sperando ogni giorno che il ghiacciaio riportasse il corpo di Salvanèl, ma il ghiacciaio continuava a crescere per l'ordine di non far cadere valanghe. I pascoli sparivano sotto i ghiacci e i pastori si persuasero che fosse colpa delle due "Strìes de la djassa" (streghe del ghiacciaio), così bruciarono la loro capanna. Le donne andarono a vivere in una caverna, ma i dispetti continuarono, anche se senza riuscire mai a cacciarle. Un giorno finalmente i pastori trovarono un corpo e urlarono di stupore. Marcòra sentendo le urla capì e corse: riconoscendo il corpo di Salvanèl la sua vita non aveva più ragion d'essere e morì accanto a lui. Anche Tanna si avvicinò, ma tutti si scostarono con rispetto, perchè non avevano più davanti la miserabile Strìas, bensì una regina. Di nuovo portava in capo il più gran tesoro e mistero delle Marmaròle, il diadema azzurro. I più vecchi la riconobbero esclamando il suo nome. -Si, sono Tanna, la regina dei Crodères. Ora lo sono di nuovo e porto la corona azzurra perchè il destino si è compiuto. Fuggite, voi, perchè altrimenti vi aspetta la morte. Tanna ritorna al suo popolo: le forze della montagna vengono rimesse in libertà. I divieti che servivano a proteggervi sono revocati e sotto le valanghe voglio seppellire il mio amore e il mio dolore- Come finì di parlare si sentì un rumore sordo dalle più alte vette e uomini e greggi scapparono veloci. I ghiacciai si spaccarono e le valanghe iniziarono a cadere, mentre il popolo dei Crodères uscì a render omaggio alla regina ritrovata. I corpi di Marcòra e Salvanèl furono messi in due casse di oro e portati con solenne corteo nel palazzo del Cordòn de Fropa, il palazzo di ghiaccio.
Tanna è ancora col suo popolo. Solo per aver seguito un'ultima volta l'impulso del suo cuore e aver avvisato i pastori del pericolo che li minacciava, ogni anno ha ancora un giorno di dolore e questo è il "giorno di calma". Quel giorno piange il suo amor tradito e la felicità perduta ma, alla fine del giorno, torna la superba regina delle montagne, la sovrana assoluta del suo regno selvaggio, bella, gelida e maestora, insensibile al dolore e all'amore, come tutti i Crodères.

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