mercoledì, settembre 27, 2006

- Leggende delle dolomiti 19 - Il genio del torrente

Tanto tempo fa, a nord della conca di Ampezzo dove il torrente Bòite passa sotto il Col Rosà, c'era una isoletta con un mulino. Era un caso fosse lì, perchè a quei tempi i mulini si muovevano ancora a braccia. Il mugnaio aveva una bimba adorata, che giocava sulla riva dell'isola e, nei periodi di secca, entrava in acqua e risaliva la corrente. Fu così che un giorno arrivò fino alla chiusa del torrente Felizòn, una gola stretissima, buia e profonda. Incontrò una vecchina vestita di verde che le disse -che fai qui? non sai che l'acqua si raccoglie sopra di noi e ra poco si precipiterà qui dentro? non perder un minuto, fuggi!- La bimba iniziò a correre. Sentì un fragore tremendo dell'acqua che arrivava e si sentì perduta, ma vide la vecchia che da una roccia le faceva segno di dove arrampicarsi. Si salvò e la donna la portò in una grotta, dove stava un ragazzo -questo è mio figlio,abitiamo nel torrente e l'acqua a volte passa a grande altezza sopra di noi. Per questa volta non arriverà fin qui, non preoccuparti- il torrente non fu però nemmeno mai cosi in secca da permetterle di tornar a casa. Si abituò e affezionò ai nuovi compagni, tanto da non pensar più alla famiglia. Passarono 7 anni, nei quali mugnaio e moglie avevano cercato ovunque la figlia e non si erano rassegnati al crederla morta. Un giorno la donna aveva tinto una pezza di rosso e l'aveva messa a asciugare sullo steccato. Quando nel pomeriggio passò per ritirarla, sentì due voci sottili. Incuriosita si fermò ad ascoltare e guardar da una fessura. Erano due nani che ammiravano la tela -io son tanto vecchio che ricordo ancora quando nella chiusa di Felizòn l'acqua mi copriva appena il piede e molte altre cose ho veduto ma una tela così bella non l'avevo mai vista prima- l'altro rispose -vero, se lo potessi avere me ne tornerei sull'Amariana, dai parenti, e li farei rimanere a bocca aperta!- la moglie si consultò col marito e decisero di preparare 2 piccoli abiti con quella tela, da lasciar sullo steccato. Il giorno dopo i nani tornarono e rimasero stupefatti. Allora il mugnaio, che era nascosto in attesa, uscì fuori e disse che se lo aiutavano a trovar la figlia glieli regalava. I nani lo avrebbero portato sul posto, ma bisognava attender la luna piena. Non accettarono subito vestiti offerti, perchè una volta avuti non sarebbero più tornati...cosi usava tra nani. Nella notte prefissata si incontrarono con l'uomo e lo guidarono attraverso il bosco fino alla chiusa del Felizòn, spiegandogli come scendere fino in fondo -segui la via indicata e troverai tua figlia, ma bada bene di agire sempre lealmente, senza astuzia ne superbia!- il mugnaio non capì il senso delle parole, ma non ci pensò, consegnò i vestiti e andò. Giunto a livello dell'acqua vide una vecchia e un giovane che dormivano sommersi fino al collo nell'acqua e con la testa appoggiata su delle pietre col muschio. Capì che non erano semplici umani, ma non si fermò. Poco sopra vide una giovinetta. nonostante gli anni trascorsi la riconobbe come la figlia e la destò -sono tuo padre, vieni con me, prima che si sveglino i cattivi!- svegliata di sorpresa e ancora trasognata, la ragazza seguì il padre e tornarono a casa. Pareva che la ragazza non ricordasse più nulla della sua fanciullezza e al mattino dopo li pregò di lasciarla tornare alla grotta, con la promessa di tornare però spesso a trovarli, ma genitori pensarono fosse l'influsso di una qualche malìa e non esaudirono il desiderio. Un giorno la mamma trovò una collana verde sotto il cuscino della figlia. Lei raccontò che era un dono dell'uomo del torrente, col quale si era fidanzata. I genitori si spaventarono e studiarono cosa fare per distaccarla dagli spiriti del torrente. Fu deciso che la donna avrebbe gettato nella chiusa di Felizòn le perle verdi e così fece. La collana cadendo fece un fragore tremendo, come se una montagna fosse crollata dentro e la donna turbata se ne andò presto. Giorni dopo stava lavando nell'acqua del Bòite quando comparve la vecchia vestita di verde -ti supplico, lascia tornare tua figlia con me!- la vecchia pregò con umiltà, ma la madre fu irremovibile, finchè la vecchia disse che allora sarebbe venuto il figlio a riprendersi la fidanzata. La madre sentì minaccia in queste parole e rispose -digli pure che torni tra tredici anni!- che era un modo di dire degli ampezzani per intendere "mai". Tempo dopo diedero la figlia in moglie a un giovane che venne ad abitare con loro. Il tempo passava, la madre morì e la figlia ebbe due bimbi. Un giorno arrivò un forestiero vestito di verde che chiedeva di esser assunto come garzone e gli uomini lo accolsero, mentre la figlia era in visita da parenti. Chiesero che sapesse del lavoro del mugnaio ed egli rispose di non saperne nulla -..ma sono forte e resistente alla fatica, specialmente in acqua. Attaccate la ruota a un palo che arrivi fino all'acqua e io farò girare la ruota per 16 ore al giorno, senza riposo!- i due erano divertiti dalla propostae lo derisero, ma decisero di provare. Avrebbe lavorato 16 ore al gorno, paga ogni 7, un giorno libero. Così accadde e con lui producevano 3 volte tanto, facendo affari d'oro. Quando la ragazza tornò coi figli riconobbe subito l'uomo del torrente. Turbata non ne fece parola con nessuno ma da quel giorno evitò di entrare nel mulino e impedì ai figli di avvicinarsi. Un giorno di pioggia accadde che la canna di sbocco della grondaia che gli ampezzani chiamano "sala", avendo deviato, lanciò il getto d'acqua sul viso del garzone che gridò aiuto -rimettete a posto la "sala", non posso sopportare il getto d'acqua! mi fa male! mi itene prigioniero, liberatemi!- il mugnaio stava per spinger via la canna, quando si rese conto che il giovane, agitandosi, faceva andar la ruota molto più veloce! Non fece niente per lui e, trascorse le 16 ore, il garzone ancora macinava, urlando pietà per il getto che lo teneva prigioniero. Suocero e genero si resero conto di averlo in loro potere e decisero che avrebbero badato giorno e notte al mulino dandosi il cambio per non smettere mai, senza paga e senza giorno libero. Quando la pioggia cessò costruirono un condotto dal fiume al tetto, così da tenerlo prigioniero. Erano felici del guadagno e cantavano al poveretto una canzone derisoria
"in un filo sottile scende l'acqua
e tu macina, e tu macina.
Sìa a torto, sia a ragione,
la libertà non te la diamo più!"

Quando il garzone comprese che era inutile lamentarsi non disse più una parola e lavorò per mesi...anni...tanto che nessuno si ricordava più di lui. Ormai pareva naturale che la ruota si muovesse senza posa. In una notte d'estate i bimbi si svegliarono piangendo come per un brutto sogno. Quando la mamma riuscì ad addormentarli, sentì cantare. Una voce strana, simile a gorgoglìo d'acqua
"viene l'acqua in onda larga
voi aspettate, aspettate.
In tredici anni la parola scade
e la mia sposa porto via"

Al mattino decise di parlare al padre, chiedendo di liberar il garzone e mandarlo via con le buone, ma le risposero che era una sciocca. Lei non si poteva dar pace e andò al mulino. Come lui la vide pregò di togliere la "sala" e lei lo fece. Finalmente libero l'uomo balzò sulla sponda e rizzandosi apparve come un gigante, così grande che il suo capo era più alto del tetto. Lei era terrorizzata ma le fece capire di non temere e si gettò nel torrente, lo attraversò e sparì nel bosco. La ruota dopo anni si era fermata ed il mugnaio andò in collera. Non riuscirono più a rimetter in moto la macina. Intanto il cielo si copriva di nuvole -si prepara una tampestàda (tempesta) e visto che qui non abbiamo più da fare, meglio se ci incamminiamo con i sacchi di farina verso Miljèra prima che piova!- Quando partirono col carretto videro sulle cime del Pomagagnòn una nuvola a forma di imbuto, piccola e nera -una "godàra", brutto segno, andiam veloci!- arrivarono a Miljèra che gia cadevano le prime gocce. Volevano attendere la fine del temporale ma, dopo molte ore, arrivò un ragazzo dicendo che il Bòite era in piena. Preoccupati per la ragazza e i bimbi tornarono sotto la pioggia. Il ponte non c'era più, travolto, così corsero a chieder aiuto al villaggio, da dove vennero uomini e donne con corde e arnesi. La ragazza intanto era sul tetto della casa per salvarsi dalla corrente. L'unico mezzo per salvarli era che un uomo legato alla corda li raggiungesse e portasse in salvo tirato indietro dagli aiuti e volle andare il marito stesso. Al primo giro prese i due bimbi, urlò ai paesani di tirare e arrivarono sani e salvi a riva. Subito si rigettò in acqua. Questa volta passò molto tempo e non si sentì più l'uomo chiamar indietro, così che i paesani decisero di tirare la corda a riva. L'uomo non era morto, ma sfinito. Due volte aveva attraversato il torrente senza trovare più il mulino. Nessuno ebbe coraggio di ritentare la traversata, mentre il Bòite continuava a salire. Alle luci dell'alba si vide che il torrente aveva inondato l'isola e trascinato via mulino e casa. Il torrente passava scrosciando, gonfio di minaccia, simile a un gigante infuriato.

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